Neurochirurgia e ricerca di base alleate per riparare le lesioni spinali

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23/01/2018
Neurochirurgia e ricerca di base alleate per riparare le lesioni spinali

23 gennaio 2018 - Istituto di Anatomia dell'Università di Torino

«Un team di ricerca è come una cordata di alpinisti in ascesa: insieme l'impossibile non esiste, che si tratti di scalare una vetta di 8mila metri o trovare una cura per le lesioni spinali».
Hervé Barmasse testimonial d'eccezione per il nostro nuovo team che unisce neurochirurgia e ricerca di base

Unire le forze per affrontare una delle più grandi sfide della ricerca: riparare le lesioni del midollo spinale, un problema di drammatico impatto sulla sanità pubblica, con un’incidenza in Europa di circa 16 pazienti ogni milione di abitanti, cioè 800 nuovi casi all’anno in Italia. Con questo obiettivo nasce il gruppo di studio che mette insieme approcci complementari: quello clinico del neurochirurgo con quello della ricerca di base, svolta dai nostri anatomici e fisiologi.

Hanno tenuto a battesimo il nuovo gruppo di ricerca, presentato martedì 23 gennaio all’Istituto di Anatomia dell’Università, il Rettore dell’Università di Torino e Presidente della Fondazione Cavalieri Ottolenghi, Gianmaria Ajani, il Vice Presidente della Fondazione Paolo Bertolino e il prof. Giancarlo Panzica, Direttore del Dipartimento di Neuroscienze “Rita Levi Montalcini”.

Le lesioni vertebro-midollari causano più o meno gravi disabilità, con importanti ripercussioni sociali, assistenziali ed economiche. Sono dovute a incidenti stradali, sportivi o domestici, ma possono anche essere la conseguenza di processo degenerativo della colonna con un’incidenza di 8 casi su 100 mila abitanti. Le campagne di prevenzione hanno abbattuto la percentuale di mielolesi per problemi vertebro-midollari dal 70% al 45%, cifra comunque con un impatto sociale ancora importantissimo.

«Il nostro obiettivo è riuscire a stimolare la rigenerazione delle fibre nervose lesionate tramite terapie sperimentali innovative, studiando nuovi approcci riparativi e di riabilitazione» sottolinea il nostro direttore  Alessandro Vercelli. «Per affrontarlo al meglio abbiamo deciso di unire le forze, creando un gruppo di ricerca traslazionale formato dal neurochirurgo Diego Garbossa, il Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia dell’Università di Torino - Città della Salute e della Scienza di Torino, con cui collaboriamo da tempo, e dalle nostre ricercatrici Marina Boido e Annalisa Buffo, entrambe afferenti al Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino».

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Il team di ricerca NICO sulle lesioni spinali con l'alpinista "figlio del Cervino".
Da sinistra: Marina Boido, Diego Garbossa, Hervé Barmasse e Annalisa Buffo. Al centro il nostro direttore scientifico Alessandro Vercelli.

LE SFIDE ALL’IMPOSSIBILE DI HERVÉ BARMASSE

Hervè

«Un team di ricerca è come una cordata di alpinisti in ascesa: insieme l'impossibile non esiste, che si tratti di scalare una vetta di 8mila metri o trovare una cura per le lesioni spinali».
Dalle sfide della ricerca a quelle in alta quota. Hervé Barmasse, celebre alpinista ma anche scrittore, fotografo e regista (ha debuttato nel 2015 con il libro “La montagna dentro” e girato i film pluripremiati “Linea Continua” e “Non così lontano“) ha raccontato le sue sfide all’impossibile, a tu per tu con i limiti dell’uomo, la paura e l’amica montagna. E poi il racconto di una sfida speciale, quella con una patologia vertebromidollare che ha rischiato di allontanarlo dalle vette, ma che Barmasse ha vinto grazie a un’incredibile forza di volontà e ai progressi della neurochirurgia.

CORRIERE

 Leggi e guarda i video delle interviste a Hervé Barmasse
nella sezione rassegna stampa

DALL’APPROCCIO CLINICO ALLA RICERCA DI BASE SUI TRAUMI MIDOLLARI E LA RIGENERAZIONE NEL MIDOLLO SPINALE

«L’evoluzione delle tecniche chirurgiche, neuro-radiologiche e dei protocolli operativi possono in parte modificare la gravità del deficit neurologico che però una volta instaurato potrà solo parzialmente o per nulla essere variato» spiega il neurochirurgo Diego Garbossa, Direttore della Scuola di Specializzazione in Neurochirurgia dell’Università di Torino - Città della Salute e della Scienza di Torino.

«La chirurgia, grazie a tecniche sempre meno invasive, può riallineare fratture vertebrali, ridare il giusto spazio al canale midollare e può decomprimere radici spinali compresse, ma poco può fare laddove un danno midollare sia conclamato. Solo la scienza di base  – conclude il prof. Garbossa - potrà aiutare a ripristinare in futuro lesioni neurologiche invalidanti, magari nel contesto dell’intervento riparativo stesso».

Un tempestivo approccio chirurgico e farmacologico è fondamentale per limitare l’espandersi della lesione e per ridurre l’edema midollare, ma può non essere sufficiente a garantire il recupero delle funzioni motorie e sensitive compromesse. Le fibre nervose spinali lesionate hanno una scarsissima capacità di rigenerare da sole, venendosi a trovare in un ambiente inibitorio in cui il sito di lesione rappresenta una reale barriera fisica per la loro ricrescita. A oggi una delle più grandi sfide della ricerca è quindi riuscire a stimolare la rigenerazione di tali fibre, tramite terapie sperimentali innovative. Data la complessità della patologia e dei meccanismi cellulari e molecolari coinvolti, sono necessari approcci combinati.

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Da un lato, quindi, bisogna favorire la sopravvivenza dei neuroni danneggiati e la ricrescita delle fibre nervose: «Stiamo sperimentando biomateriali funzionalizzati e cellule staminali  [nell'immagine a sinistra: cellule staminali trapiantate in un midollo spinale lesionato] per stimolare le fibre a crescere oltre il sito della lesione - spiega la nostra ricercatrice Marina Boido, anatomica - inoltre, promuoviamo meccanismi pro-rigenerativi normalmente inattivi nei neuroni centrali mediante approcci biomolecolari, o stimolando l’attività dei neuroni con metodi non invasivi come la stimolazione magnetica transcranica».

Dall’altro, occorre agire sull’ambiente circostante i neuroni: «Mediante approcci farmacologici cerchiamo di limitare l’infiammazione e l’azione delle molecole inibitrici della riparazione - aggiunge la prof.ssa Annalisa Buffo, fisiologa, anche lei in forza al NICO - e stimoliamo la produzione di fattori neuroprotettivi e trofici. In questo modo i neuroni potranno esprimere il potenziale rigenerativo che avremo incrementato. Infine - conclude - per favorire la formazione e la stabilizzazione di nuovi circuiti funzionali, studieremo protocolli riabilitativi che insegnino al cervello a usare le nuove connessioni per eseguire le funzioni perdute».

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