Atassia: il training motorio preventivo rallenta la degenerazione neuronale

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09/03/2017
Atassia: il training motorio preventivo rallenta la degenerazione neuronale

Neurobiology of Disease, febbraio 2017

Atassia: il training motorio preventivo rallenta la degenerazione neuronale

Fucà E1,2, Guglielmotto M1,2, Boda E1,2, Rossi F †1,2, Leto K1,2, Buffo A1,2

L’atassia cerebellare è una malattia neurodegenerativa che provoca la morte dei neuroni del cervelletto, la parte del cervello che corregge gli errori motori ed è coinvolta in importanti processi cognitivi, linguistici e affettivi. Le atassie, distinguibili in base al profilo genetico che le determina, provocano  disabilità motoria, tremore e alterazioni dei movimenti oculari, e sono spesso associate a fenomeni di morte progressiva dei neuroni di Purkinje, unico output dalla corteccia cerebellare. Al momento non esiste una cura per questa patologia che colpisce da 1 a 7 soggetti ogni 100.000 individui sani, a seconda delle forme.

L’origine genetica, in casi di familiarità, permette tuttavia una diagnosi relativamente precoce della malattia. Partendo da questo presupposto, Elisa Fucà e Annalisa Buffo - del nostro gruppo di ricerca Neurobiologia della plasticità cerebrale - hanno testato su un modello murino di atassia cerebellare l’efficacia del training motorio come approccio preventivo, da somministrare cioè prima dell’insorgenza dei primi sintomi.

I risultati dello studio - pubblicati su Neurobiology of Disease - confermano un significativo miglioramento della coordinazione motoria e dell’equilibrio negli animali atassici sottoposti a training preventivo. Lo studio ha inoltre evidenziato chiari segni di potenziamento della plasticità cerebellare, tra cui l’aumento della connessioni sinaptiche e un evidente miglioramento nella morfologia delle cellule sopravvissute.

Cosa più importante, le ricercatrici hanno riscontrato un rallentamento nel processo di degenerazione delle cellule di Purkinje. Tale rallentamento è legato a una riduzione dell’autofagia, processo che - in condizioni fisiologiche - garantisce la “pulizia” delle cellule, eliminando i componenti danneggiati. Nel modello studiato, è proprio il patologico incremento del flusso autofagico che conduce alla morte neuronale; tale incremento viene dunque contrastato dai benefici indotti dal training motorio.

Gli animali sottoposti a training, sia sani che atassici, hanno tutti mostrato livelli più alti di BDNF, neurotrofina spesso associata a condizioni di elevati plasticità e benessere cerebrale. L’aspetto interessante osservato nello studio è che questo aumento sortisce effetti opposti in animali sani e atassici: nei primi si traduce in una maggiore attivazione dell’autofagia, mentre negli atassici porta a una sua riduzione. Sembra dunque che l’organismo reagisca in maniera “mirata”, provando a ripristinare condizioni di base fisiologicamente più sane per il corretto funzionamento cellulare.

«Questi risultati confermano gli effetti benefici del training motorio sulla patologia cerebrale - sottolinea Annalisa Buffo - e offrono anche nuovi spunti per studi sui meccanismi molecolari legati al rallentamento della morte neuronale alla base dell’atassia cerebellare. Non solo: gli effetti di plasticità osservati sulle cellule endogene gettano le basi per nuove ricerche sugli effetti di trattamenti combinati, che potrebbero prevedere l’associazione di training motorio e trapianti con cellule staminali».

1 Department of Neuroscience Rita Levi-Montalcini, University of Turin, Italy
2 Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi, Regione Gonzole, 10043 Orbassano, Turin, Italy
atassia-BuffoFucà_2017
Nei topi atassici – indicati come “TBL”-  si osserva un aumento del numero di neuroni di Purkinje - in rosso – dopo essere stati sottoposti a training (B), rispetto agli animali di controllo (A).
I cambiamenti plastici indotti dal training su neuroni di Purkinje.
Queste cellule, negli animali atassici, mostrano una drammatica riduzione del numero delle spine presenti sull’albero dendritico (C).
Dopo training motorio, si osserva un significativo incremento della densità di spine dendritiche (D).

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