Brain Structure & Function, febbraio 2017
Capire la plasticità cerebrale studiando il delfino
Parolisi R.1,2, Cozzi B.3, Bonfanti L. 1,2
Da circa due decenni sappiamo che alcune aree del cervello dei Mammiferi (uomo compreso) sono in grado di generare nuovi neuroni anche nell'individuo adulto. Nel corso degli anni, lo sforzo congiunto di numerosi laboratori ha cercato di sfruttare questa "neurogenesi adulta" per riparare i danni cerebrali, ma i processi riparativi e rigenerativi sembrano scomparsi dal nostro cervello a causa di scelte evolutive.
Da tempo il nostro laboratorio di Neurogenesi adulta - guidato dai prof. Luca Bonfanti e Paolo Peretto - ha formulato l'ipotesi che la plasticità neurogenica sia legata esclusivamente a funzioni fisiologiche, come la memoria, l'apprendimento e la capacità di adattarsi all'ambiente. Nei topi e nei ratti (animali da laboratorio) la zona cerebrale più attiva sotto questo profilo fornisce nuovi neuroni al bulbo olfattivo: l'area cerebrale che percepisce gli odori e che pertanto è legata alla sopravvivenza dell'animale (ricerca del cibo, percezione dei predatori e sfera riproduttiva). Nell'uomo, in cui l'olfatto è diventato meno importante per la sopravvivenza, questa regione è meno attiva e da alcuni considerata "vestigiale".
Per risolvere l'enigma abbiamo deciso di studiare questa regione cerebrale che genera nuovi neuroni destinati al bulbo olfattivo nei delfini, sapendo che questi mammiferi acquatici non hanno olfatto (lo hanno perso 40 milioni di anni fa sostituendolo con l'eco-localizzazione). Dopo un lavoro di 4 anni, in cui sono state analizzate 12.000 fettine di cervello appartenente a 10 delfini (neonati e adulti) abbiamo scoperto che la regione esiste, ma non produce neuroni (un fenomeno mai osservato in altre specie animali).
L'assenza di neurogenesi adulta nei delfini (in realtà mancante già dalla nascita!) dimostra che il fenomeno è indissolubilmente legato all’esistenza della funzione olfattiva. Ma la persistenza di un residuo vestigiale della regione originaria (l’antenato dei delfini attuali era un mammifero terrestre anch'esso dotato di olfatto, poi passato all’ambiente acquatico) indica una progressiva perdita delle capacità neurogeniche nel corso dell’evoluzione, confermano la tendenza ipotizzata nell’uomo.
Questi risultati non escludono che la ricerca possa riuscire, un giorno, a modulare a scopo terapeutico i residui di attività neurogenica rimanenti nell'uomo, ma chiariscono un dubbio che ha assillato per decenni i neuroscienziati e confermano il fascino di una linea di ricerca che continua a riservare nuove sorprese.
Qui di seguito il video realizzato dalla redazione di FRidA - il Forum della Ricerca di Ateneo dell'Università di Torino
>> guarda il servizio [minuto 12:00 circa] su TGR Leonardo del 17 aprile 2017
1 Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi (NICO), Orbassano, Italy;
2 Department of Veterinary Sciences, University of Turin, Torino, Italy;
3 Department of Comparative Biomedicine and Food Science, University of Padua, Legnaro, Italy.
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