Stem Cell Reports, aprile 2020
Malattia di Huntington: trapianto di neuroni umani prodotti in provetta
Neuroni umani trapiantati in un modello sperimentale di malattia di Huntington sono in grado di maturare e integrarsi nei circuiti nervosi dell’ospite, contribuendo a migliorare le prestazioni motorie degli animali malati. Lo dimostra lo studio realizzato grazie al progetto PRIN 2013-2016 e al consorzio europeo NeuroStemcellRepair (FP7, 2013-17).
Dario Besusso#*1, Roberta Schellino#2, Marina Boido2, Sara Belloli3, Roberta Parolisi2, Paola Conforti1, Andrea Faedo1, Manuel Cernigoj1, Ilaria Campus1, Angela Laporta1, Vittoria Dickinson Bocchi1, Valentina Murtaj3, Malin Parmar4, Paolo Spaiardi5, Francesca Talpo5, Claudia Maniezzi5, Mauro Giuseppe Toselli5, Gerardo Biella5, Rosa Maria Moresco3, Alessandro Vercelli2, Annalisa Buffo2*, Elena Cattaneo1*.
*corresponding authors; #co-first authors.
La malattia di Huntington è una patologia genetica degenerativa molto severa, che provoca una graduale e selettiva morte dei neuroni dello striato (una formazione nervosa posta sotto la corteccia cerebrale), causando un progressivo declino delle funzioni motorie e cognitive. I trattamenti attuali sono solo in grado di alleviare alcuni sintomi e migliorare parzialmente la qualità della vita dei pazienti affetti, ma non riescono ad arrestare la neurodegenerazione e quindi la progressione della malattia e dei suoi sintomi.
Nello studio appena pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports i nostri ricercatori guidati da Alessandro Vercelli e Annalisa Buffo, in collaborazione con il laboratorio della prof.ssa Elena Cattaneo dell’Università Statale di Milano, hanno valutato l’efficacia di un innovativo protocollo di “terapia cellulare”: hanno infatti trapiantato neuroni striatali immaturi sani, derivati da cellule embrionali umane, in un modello di malattia di Huntington, con l’obiettivo di sostituire le cellule perse o in degenerazione.
Roberta Schellino del NICO, prima firmataria dello studio insieme a Dario Besusso dell'Università di Milano, ha analizzato la capacità dei neuroni trapiantati di sopravvivere nello striato ospite e di integrarsi nei circuiti nervosi danneggiati. La nostra ricercatrice ha innanzitutto osservato come un’elevata percentuale di cellule sia in grado di acquisire precocemente le caratteristiche dei neuroni dello striato.
Inoltre, utilizzando sofisticate tecniche per visualizzare e tracciare le connessioni cellulari, i ricercatori hanno dimostrato che, già un mese dopo il trapianto, le cellule umane riescono a integrarsi nei circuiti, formando sinapsi funzionali sia con cellule del trapianto stesso che con cellule dello striato ospite.
Infine, grazie a una serie di test comportamentali specifici, è stata dimostrata l’efficacia del trapianto nel favorire e migliorare, già in tempi molto precoci, il recupero di alcuni movimenti semplici, basati sui riflessi, lasciando ipotizzare che un’ulteriore maturazione del trapianto possa favorire anche il recupero di movimenti più complessi.
Lo studio costituisce un passo importante nella ricerca preclinica sull’uso dei trapianti di cellule staminali per la cura della neurodegenerazione nella malattia di Huntington. Ma la ricerca va sempre avanti e i nostri ricercatori stanno già lavorando per sviluppare protocolli in vitro e in vivo sempre più efficaci: l'obiettivo è potenziare ulteriormente la maturazione delle cellule trapiantate e la loro integrazione funzionale nei circuiti dell’ospite, anche nel lungo periodo.
Analisi della connettività tra le cellule trapiantate nello striato e le cellule dell’ospite. Lo schema in alto rappresenta l'aumento della connettività tra cellule (riconoscibili in rosso nelle diverse sezioni cerebrali dei ratti trapiantati) da 1 mese (A) a 2 mesi (B) dopo il trapianto. Le immagini di immunofluorescenza mostrano le cellule umane visibili nella regione dello striato grazie all'espressione della proteina fluorescente GFP (in verde) e della proteina per i nuclei umani HuNu (in bianco). Grazie ad una moderna tecnica di tracing virale, sono state marcate con la proteina mCherry (in rosso) le cellule in grado di formare connessioni.
1 Department of Biosciences, University of Milan, Milan, 20122 Italy; National Institute of Molecular Genetics “Romeo ed Enrica Invernizzi”, Milan, 20133 Italy.
2 Department of Neuroscience Rita Levi-Montalcini, University of Turin, Turin 10124, Italy; Neuroscience Institute Cavalieri Ottolenghi, University of Turin, Orbassano, 10043 Italy.
3 Institute of Molecular Bioimaging and Physiology of CNR, Segrate (Milan), 20090 Italy; PET and Nuclear Medicine Unit, San Raffaele Scientific Institute, Milan 20132, Italy.
4 Wallenberg Neuroscience Center and Lund Stem Cell Center, Lund University, 22184, Lund, Sweden.
5 Department of Biology and Biotechnologies, University of Pavia, Pavia, 27100 Italy.
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