Nuovi neuroni: che farne?

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14/03/2016
Nuovi neuroni: che farne?

Sapere, marzo/aprile 2016

Nuovi neuroni: che farne?
I neuroni prodotti da cellule staminali in alcune zone del cervello non riescono a sostituire le cellule perse ma sono importanti nel mantenere la plasticità cerebrale

Luca Bonfanti, Neurobiologo

Raccontare gli studi sulla genesi di nuovi neuroni è un po' come parlare di fantascienza. Non solo per quell'aura surreale che accompagna le scoperte scientifiche più inattese ma soprattutto per l'intreccio di opportunità e domande senza risposta scaturito da questo filone di ricerca. Per più di un secolo i neuroscienziati hanno considerato il cervello un organo incapace di rinnovarsi, diverso quindi da pelle e sangue che ricambiano le cellule quasi quotidianamente.

Poi, vent'anni fa, si è scoperto che alcune aree cerebrali contengono cellule staminali in grado di generare nuovi neuroni che vanno a integrarsi nei circuiti nervosi. Il fenomeno (neurogenesi adulta) è una forma di plasticità che può aggiungere o sostituire cellule nervose, superando il dogma secondo cui il loro numero sarebbe fissato alla nascita e non potrebbe più cambiare, se non diminuendo.

Sin dall'inizio, la neurogenesi adulta è stata vista dai ricercatori come una speranza terapeutica per patologie neurodegenerative come l'Alzheimer e il Parkinson, o danni vascolari come l'ictus, che portano inevitabilmente alla perdita dei neuroni e delle loro funzioni (movimento, memoria, capacità cognitive). Già da tempo si sapeva che anfibi, pesci, rettili (vertebrati non mammiferi) possono rigenerare il tessuto nervoso grazie alle cellule staminali, una proprietà osservata non senza invidia da chi sapeva invece di possedere un cervello 'statico'. Il fatto che alcuni neuroni possano essere prodotti anche in mammiferi come noi è sicuramente una buona notizia, ma non ha risolto il problema dei molti disordini neurologici tuttora incurabili.

Questo articolo prova a entrare in questo campo d'indagine enigmatico, alla ricerca delle opportunità che ne potrebbero derivare e anche dei fattori che giocano contro un suo utilizzo terapeutico.

E' possibile leggere l'articolo completo acquistandolo sul sito della rivista Sapere

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